Uomini in cambio di carbone: fino al 10 dicembre visitabile la mostra sull'emigrazione degli italiani nelle miniere del Beglio

Pubblicata il 18/11/2017

E' stata inaugurata oggi la mostra “UOMINI IN CAMBIO DI CARBONE. Storie di italiani nelle miniere del Belgio” visitabile dal 18 novembre al 10 dicembre 2017 presso gli spazi espositivi dell’Ex Pretura (Piazza Negrelli – Montebelluna).

Promossa ed organizzata dalla sezione dei Trevisani nel Mondo di Montebelluna e con il patrocinio della Regione Veneto, del Comune di Montebelluna, l'esposizione vuole portare a conoscenza delle nuove generazioni le tragedie e le sofferenze di tante famiglie italiane che sono state costrette ad emigrare per sopravvivere alla povertà.

È stata ideata da un gruppo di giovani, figli di minatori di seconda e terza generazione, nati ed attualmente residenti in Belgio, e che nella loro tenera età dell’immediato dopoguerra hanno vissuto i traumi dei loro padri quando questi lavoravano nelle miniere.

Ricordiamo che dal 1946 al 1961 circa settantamila italiani sono partiti grazie al protocollo Italo Belga firmato il 23 giugno 1946 dal primo ministro italiano Alcide De Gasperi, con il corrispettivo belga, che prevedeva l’invio di giovani sani e robusti (duemila alla settimana) destinati a lavorare nelle miniere per minimo un anno in cambio di carbone, comunque non gratuito.

Il viaggio per il Belgio avveniva molto spesso su lunghe tradotte e su carri bestiame, dopo estenuanti visite sanitarie. All’arrivo, agli italiani erano assegnati come alloggi le baracche e gli hangar dei campi di concentramento e il lavoro in miniera avveniva centinaia di metri sottoterra, tra alte temperature, sofferenze, lutti (20.000 circa), ma soprattutto tra moltissime invalidità permanenti (15.000 circa) dovute alla silicosi.

Il curatore artistico è Lino Polegato (giornalista e direttore di una galleria d’arte), nato a Liegi da Arturo Polegato, originario di Crocetta del Montello ed emigrato in Belgio per lavorare per 10 anni nelle miniere. Lino Polegato si è interessato a questa tematica dopo la morte del padre Arturo, avvenuta nel 1991, a causa delle silicosi.


 

Spiega Lino Polegato: “Questa mostra racconta una generazione che si è persa e unisce i racconti di vita di chi ha vissuto le miniere del Belgio. La mostra va vista come una testimonianza incentrata su due chiavi di lettura: un modo storico, sociale, didattico e un modo più poetico con la partecipazione di alcuni artisti, anche loro figli di minatori (Gianni Stefanon, Amo Falcata, Sonia Gottardello).La mostra inizia con il carbone, quello delle miniere, e finisce con il carbone, quello inghiottito dai polmoni dei minatori”.

Alla mostra ha contribuito con materiale fotografico anche Walter Basso (giornalista pubblicista), nato a Camposampiero (Pd) che a seguito della morte del padre e dello zio nelle miniere della Vallonia ha dedicato al fenomeno dell’emigrazione dal 1946 al 1963 una approfondita ricerca recandosi più volte a Charleroi e a Liegi. Ha scritto oltre 60 libri di narrativa, poesia, cultura veneta e ha collaborato con diverse riviste. Di recente ha pubblicato due volumi dedicati al fenomeno dell’emigrazione “I due volti della morte nera. Morire di carbone in Belgioe “Carne da miniera – Le storie e le stragi degli italiani invisibili nelle miniere del Belgio. In quest’ultimo volume è riportato per la prima volta un elenco dei 610, su 867 dichiarati e di cui 76 veneti, giovani morti in incidenti minerari in Belgio.


 

Non dimentichiamo che molti di questi minatori partiti dall'Italia dopo un'accurata selezione fisica a Milano sono i veri ricostruttori dell'Italia nel Dopoguerra”, commenta Walter Basso.


 

Delle innumerevoli tragedie accadute nelle miniere belghe ricordiamo quella che fu definita “la madre di tutte le stragi” accaduta l’8 agosto del 1956 a Marcinelle e che costò la vita a 262 minatori di cui 136 italiani. Tra questi 7 erano trevigiani, come Guerrino Casanova di Montebelluna, decorato con medaglia d’oro al merito civile nel 2005. Nella mostra sono esposte anche foto della sua collezione privata.

Tra i racconti presenti alla mostra anche quello di Rino Tesser, di San Gaetano di Montebelluna, classe 1932 che lavorò in due miniere in Belgio tra per quasi dieci anni (dal 1951 al 1960), prima vicino a Charleroi, e poi vicino a Liegi e che nel 1956 soccorse alcuni minatori coinvolti nella tragedia di Marcinelle.


A completamento della mostra sono in esposizione alcuni reperti delle miniere del museo di Alano di Piave tra cui anche un modello in legno della miniera di Santinelle realizzata da Amedeo Grillo di Alano di Piave, presenta questa mattina all'inaugurazione, e che vi lavorò dal 1952 al 1957.


 

Spiega il presidente della sezione di Montebelluna dell'associazione Trevisani nel mondo, Giuseppe Biz: “L'associazione Trevisani nel mondo è orgogliosa di portare a conoscenza della cittadinanza di Montebelluna e dei comuni limitrofi, uno dei più tragici aspetti della nostra emigrazione. Tanti italiani, uomini e donne, andarono in tutto il mondo, in Europa, in Canada, Australia, Brasile, Argentina, con la speranza di migliorare le proprie condizioni di vita. Con questa mostra abbiamo scelto uno dei luoghi ed il momento più triste, la partenza di tanti italiani per le miniere del Belgo, incentivati anche dalla firma di un accordo con lo stato belga chiamato Uomin in cambio di carbone. La mostra allestita a Montebelluna in collaborazione con i figli di minatori italiani residenti in Belgio, rappresenta il lavoro disumano e le tante tragede dei nostri padri”.


 

Afferma Guido Campagnolo, presidente dell'associazione Trevisani nel mondo: “Ringrazio la sezione di Montebelluna perché con questa mostra ha mantenuto la promessa della nostra associazione e cioè quella di ricordare, specie, come in questo caso, l'esperienza di migliaia di uomini che contribuirono a risollevare le sorti dell'Italia nella metà del secolo scorso”.


 


 

Interviene la senatrice Laura Puppato: “Mi auguro che questa mostra possa essere vista dagli studenti perché racconta la storia della nostra storia e parla del sangue del nostro sangue”.


 

Commenta il sindaco di Montebelluna, Marzio Favero: “All'origine di quel sacrificio vi era l'orgoglio personale di quegli italiani desiderosi di sostenere le proprie famiglie e assicurare loro un futuro. La tragedia di Marcinelle mise fine a quella situazione di duro lavoro nelle miniere anche se non completamente. Abbiamo pertanto il dovere di recuperare la memoria e per farlo non servono grandi celebrazioni ma sarebbe sufficiente inserire alcune pagine nei manuali scolastici in cui si parli della stoira dell'emigrazione italiana. E' una mostra importante, proprio per questo, per il valore storico, e vale la pena che le classi delle scuole del territorio possano visitarla”.


 

Conclude Florio Durante, tra gli organizzatori della mostra: “Ringrazio il coordinatore della mostra, mio nipote Lino Polegato, e al gruppo che ha organizzato la mostra a Liegi e che ha accettato di trasferirla per tre settimane a Montebelluna. Grazie all'amministrazione comunale per aver messo a disposizione la sala, il sindaco Marzio Favero, l'assessore alla cultura Debora Varaschin, a Marco Chiarelli direttore della Trevisani nel mondo, al presidente provinciale Guido Campagnolo. E ancora al giornalista Walter Basso, al presidente e al consiglio del museo di Alano di Piave, ai rappresentanti delle scuole montebellunesi, ai presidenti delle sezioni di Trevisani nel mondo delle varie sezioni e al presidente della sezione montebellunese, Giuseppe Biz”.

Il comitato scientifico: Lino Polegato, Florio Durante, Walter Basso, Sezione AITM Montebelluna



 



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