“L’ULTIMO CONCERTO” IN SCENA NELLA CHIESA DI SANTA MARIA IN COLLE

Pubblicata il 03/12/2015

Domenica 6 dicembre alle 17.00 a Montebelluna

L’assessorato alla cultura guidato da Alda Boscaro e la biblioteca comunale organizzano per domenica 6 dicembre alle 17.00 presso la chiesa di Sana Maria del Colle di Montebelluna “L’ultimo concerto” di Wolfang Amadeus Mozart, concerto per clarinetto e Orchestra kv 622 e requiem kv 626.

Si esibiranno il coro e l’orchestra Oficina Musicum Venetiae. Clarinetto di bassetto: Luca Lucchetta; soprano: Silvia Frigato; contralto: Gabriella Martellaci; tenore: Simone Ponziani; basso: Carlo Agostini. Direttore: Riccardo Favero.

Ingresso ad offerta responsabile.

NOTE DEL PROGRAMMA

Il concerto per corno di bassetto e orchestra in La maggiore KV 622 dedicato al virtuoso di clarinetto Anton Stadler, amico e “fratello” massone, è l’ultima composizione di Wolfgang Amadeus Mozart per strumento solista, composta due mesi prima di morire.

Benché il clarinetto fosse, a quei tempi, ancora uno strumento relativamente giovane, Mozart ne apprezza la dinamica espressiva ritenendolo idoneo a cogliere, nel contempo, i due elementi essenziali dell’ispirazione artistica del suo ultimo periodo: la malinconia e la fresca vivacità. Dei tre movimenti che compongono il concerto, l'adagio è quello in cui la melodia tocca le vette più alte, raggiungendo momenti di intimità e di struggente malinconia.

La messa di Requiem in re minore K 626 è l'ultima composizione di Wolfgang Amadeus Mozart (5 dicembre 1791).

L'opera è legata alla controversa vicenda della sua morte, avvenuta il giorno successivo al completamento del Confutatis maledictis. Stendhal, in Vite di Haydn, Mozart e Metastasio (1815), parla di un anonimo committente che incarica Mozart, malato e caduto in miseria, di comporre in quattro settimane una messa da requiem, dietro compenso di cinquanta ducati.

Secondo l'ipotesi avanzata da Stendhal, Mozart tentò di scoprire chi fosse il misterioso committente, ma quando le forze cominciarono a mancargli per il duro lavoro, non riuscendo ad identificare l'uomo, si convinse che la messa che stava componendo sarebbe stato il requiem del suo funerale.

Inoltre, allo scadere delle quattro settimane l'uomo si presentò per ritirare la composizione, che però Mozart non aveva ancora completato. Così, nonostante i sospetti del musicista, gli offrì altri cinquanta ducati e altre quattro settimane di tempo: inutili, poiché Mozart morirà di febbre e insufficienza renale lasciando l'opera incompiuta. La vedova di Mozart, Constanze, delegò il completamento del Requiem (furono rinvenute decine di spartiti alla rinfusa sulla scrivania del compositore) a tre allievi del marito, per meglio avvicinarsi agli intenti originari: Joseph Eybler, Franz Freistädler e, infine, Franz Xaver Süssmayr: egli fu probabilmente il più vicino a Mozart negli ultimi tempi, e (come egli stesso ebbe modo di dire anni dopo, interrogato in merito all'autenticità dell'opera) ebbe probabilmente la possibilità di suonare insieme al Maestro alcuni brani del requiem. Il suo apporto fu quello di riordinare in modo omogeneo il lavoro dei collaboratori precedenti, e di completare i brani totalmente mancanti dal manoscritto.

Completato quasi certamente entro la quaresima del 1792, il requiem venne per un certo periodo ritenuto totalmente opera di Mozart, un po' perché il Compositore ebbe fama crescente subito dopo la morte, un po' anche per il fatto che la calligrafia di Sussmayr ha una somiglianza sbalorditiva con quella di Mozart: fino agli inizi degli anni '90 del XX secolo si riteneva che l'indicazione posta in testa alla prima pagina "di me W.A Mozart mppa. 1792" fosse stata apposta da Mozart stesso, dato che, visto i numerosi impegni sopraggiunti nel '91 (solo per citare i principali: La Clemenza di Tito a Praga, il Flauto magico a Vienna, le cantate massoniche e l'assunzione dell'incarico come uditore con diritto di successione presso la cappella musicale del Duomo di S. Stefano) avrebbe consegnato in ogni caso il lavoro solo nel '92. Si è poi stabilito con certezza che la firma è stata posta da Sussmayr, probabilmente per tentare di dare maggiore credibilità al lavoro nella sua globalità: va fatto notare come nessuno dei personaggi coinvolti in questa vicenda tentò mai di accampare diritti di qualsivoglia genere sul requiem, e nessuno figurò neppure nelle prime edizioni a Stampa.

Ciò non bastò comunque: nel 1825 infatti Goffried Weber, pubblicò un articolo intitolato "sull'autenticità del Requiem mozartiano", nel quale sollevava enormi dubbi sulla quantità effettiva di musica di Mozart presente nella messa. La polemica continuò per vari anni costituendo varie

fazioni (Beethoven che possedeva una copia dell'articolo, riferendosi a Weber annotò su un fianco: "o tu Arcisomaro", e ancora "o tu doppio somaro").

Fu probabilmente solo con l'edizione a stampa di Andrè del 1827 che parte dei dubbi vennero fugati: forse per la prima volta nella storia della musica, una partitura venne pubblicata con un commento critico nel quale si tentava di stabilire con certezza ciò che è certamente di Mozart e ciò che è di pugno d'altri; l'edizione Breitkopf indicò poi con una M il materiale sicuramente mozartiano e con una S quello attribuito a Sussmayr.

Come ha dimostrato Christoph Wolff nel suo importante testo sul Requiem, è certo che qualche giorno dopo la morte di Mozart (il 10 dicembre), venne organizzata una funzione commemorativa durante la quale vennero eseguiti almeno Introitus e Kyrie, con coro organo e i soli archi; la sepoltura di Mozart in una fossa comune non è da imputarsi come spesso si crede alle scarse risorse economiche del Musicista, ma era invece un adempimento delle allora vigenti norme, che volevano la sepoltura di musicisti e teatranti in tale modo.

Come si è detto, Mozart lasciò la partitura incompiuta: ebbe la possibilità di portare totalmente a termine solo il primo numero dell'opera (Introitus: Requem aeternam). portò comunque come di consueto avanti la stesura dell'opera scrivendo solo le parti principali (le quattro voci del coro e/o dei soli e la linea del basso con la numerica per la realizzazione del continuo all'organo), ed indicando di tanto in tanto il motivo melodico dell'accompagnamento ove questo non fosse deducibile dalle altre parti: in questo stadio primordiale sono pervenuti Kyrie, Sequentia (con il Lacrimosa che si ferma dopo le prime otto battute sulle parole "homo reus"), e l'offertorio. tutto ciò è verificabile dal manoscritto originale conservato presso la Biblioteca di Stato di Vienna, ricomposto verso la metà del XIX secolo o per donazioni o per acquisizioni dopo la morte dei proprietari. Esiste tuttavia la possibilità che Sussmayr abbia avuto accesso ad appunti ed abbozzi mozartiani non pervenutici. Constanze ebbe a dire anni dopo che in mezzo al noto disordine in cui il marito lavorava Sussmayr trovo vari "foglietti" con degli appunti: a testimonianza della veridicità di tale asserzione è a nota l'esistenza di un inizio di fuga sull'amen alla fine del lacrymosa, abbozzata su un foglio contenente anche appunti riferiti ad altri lavori.

L'orchestrazione di Sussmayr non è sempre di buona fattura, e a volte è infarcita di errori e cadute di gusto: rimane però il fatto che riducendo a voci e basso continuo anche i brani apparentemente composti interamente da lui, si può riconoscere una chiara impronta mozartiana. L'unica fuga presente è quella dell' hosanna al termine del Sanctus, difficilmente imputabile all'allievo di Mozart, evidentemente non all'altezza: ipotizzando una paternità mozartiana anche per i brani non di suo pugno si possono evidenziare varie ingenuità. Sussmayr non si rese ad esempio conto che nel Benedictus - in si bemolle maggiore - la coda strumentale aveva un andamento modulante, e doveva servire per tornare a re maggiore, la tonalità del Sanctus (un ponte modulante identico era usato da Mozart poco prima nel finale primo del Flauto magico); lui porta a termine l'interludio strumentale trasportando l'hosanna finale in detta tonalità, cosa mai fatta da Mozart in nessuna delle sue messe precedenti.

In questa partitura si fondono momenti di straordinario senso teatrale melodrammatico ad altri brani rigorosamente classicheggianti. Fra i momenti di maggiore ispirazione drammatica spicca sicuramente il Lacrimosa. Il compositore riesce, attraverso l'utilizzo di brevi frasi di crome ascendenti e discendenti assegnate ai violini contornate da una scrittura corale di ampio respiro, a creare un effetto di pianto a stento trattenuto, di preghiera umile e devota con un Amen conclusivo in forte che esprime tutto il fervore religioso dell'autore. Il Lacrimosa è per questi motivi da sempre considerato un banco di prova importante per direttori d'orchestra.


 



Facebook Twitter
torna all'inizio del contenuto